Sabina Arcellaschi, psicologa esperta in psicologia dell’invecchiamento
Lorenzo Castelli, psicologo e psicoterapeuta – Studio RiPsi

CHE COS’È LA DEMENZA: la definizione più corretta è malattia cronico degenerativa caratterizzata dalla progressione, più o meno rapida, dei deficit cognitivi, dei disturbi del comportamento e del danno funzionale, con perdita dell’autonomia e dell’autosufficienza con vario grado di disabilità e conseguente dipendenza dagli altri, fino alla immobilizzazione a letto. Spesso si tratta di un muro all’interno del quale l’ammalato e la famiglia si riparano per paura, vergogna, mancanza di conoscenze, dal quale escono solo quando è troppo tardi, quando non ne possono fare a meno per le condizioni fisiche che si sono venute a creare. Esistono diverse forme di demenza: la più comune (per diffusione dei casi, circa il 50-60% di tutte le demenze) è la malattia di Alzheimer, seguita dalla demenza fronto-temporale, la demenza con corpi di Lewy e la demenza vascolare.

PERCHE’ SE NE DEVE PARLARE: in Italia il numero di malati di Alzheimer aumenta sempre di più. Oggi i malati sono circa 1,2 milioni e oltre 700 mila persone non sanno di esserlo. Tali numeri sono destinati ad aumentare, considerato l’incremento dell’aspettativa di vita e dell’invecchiamento della popolazione, con un’ipotesi di circa 2,2 milioni di ammalati nel 2050. La regione con un numero maggiore di malati è la Lombardia, con 120 mila casi accertati, a seguire il Lazio (109 mila) e l’Emilia-Romagna (106 mila). Le cose non vanno meglio a livello mondiale, la cui stima per i prossimi 10 anni è una diagnosi di demenza ogni 3 secondi. La situazione è da considerarsi allarmante anche alla luce dei costi sociali che questa patologia ha sia dal punto di vista assistenziale che medico. Il Rapporto Mondiale Alzheimer 2019, rileva che ci sono nel mondo 50 milioni di persone affette da una forma di demenza, cifra destinata quasi a raddoppiare ogni 20 anni. I costi economici e sociali della demenza hanno raggiunto nel 2018 i 1000 miliardi di dollari: ciò significa che, se l’assistenza per la demenza fosse una nazione, sarebbe la 18ª economia nel mondo.

CAUSE E CONSEGUENZE: ad oggi non si può parlare di causa bensì di fattori di rischio, sappiamo infatti, ad esempio, che più frequentemente a sviluppare l’Alzheimer saranno soggetti anziani, di sesso femminile e con un livello di istruzione inferiore. Inoltre non è possibile arrivare a una certezza diagnostica, possibile solo dopo la morte in seguito a esame autoptico, ma si può arrivare a una diagnosi di malattia di Alzheimer “probabile”. Questo ci fa riflettere su quante poche informazioni abbiamo ancora su questa malattia. Per quanto riguarda le conseguenze è possibile affermare che la malattia di Alzheimer influenza la qualità della vita, per cui chi ne è affetto ha gravi difficoltà nella attività di cura della persona, e nelle attività domestiche, lamenta cali di concentrazione e di attenzione ed è caratterizzato da disorientamento spazio-temporale e difficoltà nella comunicazione. Il decorso della malattia di Alzheimer è diverso per ogni individuo, tuttavia possiamo distinguere tre fasi: inizialmente la persona è ripetitiva nei gesti e nelle parole, ha difficoltà di memoria e può rivelarsi irritabile; nella fase intermedia inizia una progressiva perdita delle autonomie e possono comparire deliri e allucinazioni; l’ultima fase, definita “severa”, vede il paziente smettere di mangiare, comunicare e muoversi, per cui la persona potrebbe essere allettata e necessitare di un’assistenza completa. La durata di ogni fase varia da persona a persona e in molti casi una fase può sovrapporsi all’altra. La durata media della malattia è stimata tra gli 8 e i 10 anni.

CURA: attualmente non è guaribile, ma ci sono farmaci che possono migliorare alcuni sintomi cognitivi, funzionali e comportamentali, ma anche numerose tecniche e attività che possono ridurre i disturbi del comportamento, e con le quali si possono ottenere importanti risultati per quanto concerne il vivere quotidiano. Dobbiamo pensare al malato di Alzheimer come a una persona fortemente confusa, che non riconosce l’ambiente in cui vive e chi gli sta intorno: tutto ciò si realizza in comportamenti assurdi e talvolta bizzarri che spaventano e destabilizzano coloro che stanno vicino a queste persone, ma che prima di tutto terrorizzano e rendono la vita impossibile a chi li subisce. Sempre più spazio trovano le terapie non farmacologiche che, come dice il termine stesso, intervengono senza usare medicinali, e il cui scopo è quello di mantenere il più a lungo possibile le capacità residue del malato. Ne esistono di diverse tipologie: la stimolazione cognitiva (che potenzia le funzioni mentali residue); la Rot o Reality Orientation Therapy (che cerca di mantenere il malato aderente alla realtà che lo circonda); la Validation Therapy (che cerca di capire i motivi del comportamento del malato); la musicoterapia (che “riporta a galla” le emozioni attraverso le parole di una canzone o il suono di uno strumento); la psicomotricità (che aiuta il malato ad affrontare la propria disabilità con attività di movimento), ed altre ancora.

CAREGIVER, CHI SONO E QUALI DIFFICOLTA’: quando parliamo di Alzheimer o di demenza in generale non dobbiamo prendere in considerazione solo i pazienti, ma anche chi sta loro accanto, i cosiddetti Caregiver (molto spesso i familiari), che si prendono cura di queste persone. Specialmente all’inizio della malattia, i famigliari si ritrovano soli ad affrontare due drammi: da una parte la patologia incurabile e dal decorso progressivo che, più o meno rapidamente, annullerà le abilità fisiche e mentali del loro caro; dall’altro vi è lo stigma e l’isolamento sociale dovuti sia dalla paura e dalla vergogna, che dalla scarsa informazione, che porta intere famiglie a rifugiarsi all’interno della loro dimora senza confrontarsi circa la situazione che stanno vivendo, fino a che non ne possono fare a meno.

I dati mostrano come la maggior parte dei caregiver siano donne (circa l’80%), solitamente le mogli o le figlie, con un’età media compresa fra i 50 e i 70 anni, ma il dato forse più significativo è che quasi il 50% si trova nelle condizioni di attuare un cambiamento lavorativo per poter assistere il proprio caro e quindi chiedere un part-time, svolgere un lavoro meno gratificante, lasciare il proprio impiego e perdere il lavoro. Tutto questo si aggiunge al carico emotivo e di responsabilità che la situazione richiede: molto spesso si arriva totalmente impreparati a questo impegno, assolutamente disarmati e senza strategie, con un conseguente senso di fallimento e di colpa, laddove gli insuccessi sono di gran lunga superiori alle vittorie.

Le conseguenze di questo carico assistenziale ed emotivo sono molteplici e toccano doversi piani. Innanzitutto, vi è una diminuzione del benessere psicologico con la comparsa di sintomi depressivi, ansia, frustrazione, dolore, rabbia e senso di impotenza davanti alla progressiva scomparsa del proprio caro così come lo si conosceva. Vi sono poi i disturbi fisici, come difficoltà nel sonno dolore e alterazioni del sistema immunitario. Per quanto riguarda le conseguenze sociali invece si può trovare isolamento, rinuncia ai propri interessi, problematiche relazionali con i propri famigliari, il ristringimento sempre più profondo della cerchia degli amici e il venir meno di spazi e momenti personali. Da ultimo, ma non meno importanti, le problematiche economico-finanziare relative sia ai costi inerenti alle spese mediche e per l’acquisto di beni e servizi ad hoc, che alle perdite di risorse causati da quei cambiamenti lavorativi di cui si parlava prima.

Cosa si può fare? La prima cosa da attuare è uscire dall’isolamento che si è creato e smettere di pensare di essere i soli che si possano prendere cura della persona ammalata: è importante trovare e riconoscere una rete di supporto, costituita da familiari, conoscenti e amici che al bisogno possono sostituirsi nella cura. Fondamentale risulta poi informarsi e conoscere i servizi e le strutture a disposizione sul territorio, a cui rivolgersi in caso di necessità o anche solo per chiedere consigli. Molto importante è conoscere adeguatamente la malattia, raccogliendo quante più informazioni possibili sui sintomi, il decorso e le strategie da attuare, per arrivare preparati ad ogni sua fase. Da ultimo, ma da non sottovalutare, l’importanza di non dimenticarsi di prendersi cura di se stessi: evitare di trascurare la propria salute fisica, ascoltando i segnali che il proprio corpo invia, dormire un numero d ore adeguate, ritagliarsi del tempo libero ogni giorno per fare ciò che più piace, trovare momenti di felicità e positività anche con il proprio caro (regalarsi sorrisi e leggerezza aiuta a far stare bene entrambi). 

Consigli pratici per chi si occupa di una persona affetta da demenza:

  • Cercare di essere rassicuranti e di mettere la persona a proprio agio
  • Mostrarsi pazienti
  • Parlare in maniera chiara, utilizzando semplici frasi
  • Lasciare il tempo alla persona di rispondere e interagire nella conversazione
  • Mantenere il contatto visivo durante la conversazione
  • Evitare un atteggiamento infantile
  • Non parlare della persona con demenza come se non ci fosse
  • Cercare di comprendere come la persona può sentirsi e adeguare la propria risposta
  • Ascoltare attentamente ciò che la persona sta dicendo e riferire ciò che si è compreso per accertarsi che sia corretto
  • Il linguaggio non verbale deve essere coerente con quanto detto verbalmente poiché la persona con demenza è ancora in grado di cogliere emozioni negative e pertanto potrebbe reagire con altrettanta paura o irritazione
  • Fare qualcosa con la persona e non per la persona senza mai sostituirsi a lei

References

  • Bartorelli, I volti dell’Alzheimer, Carrocci editore, 2021
  • Benini, La mente fragile, Raffaello Cortina Editore, 2018
  • Busato, C. Cecchinato, S. Girardello, E ora che faccio?, Editrice Dapero, 2020
  • Guaita, M. Trabucchi, Le demenze. La cura e le cure, Maggioli editori, 2016
  • Mencacci, A. Bordin, V. Busato, Non sono più io, Editrice Dapero, 2020
  • Pesaresi, Il manuale dei caregiver familiari, Maggioli editore, 2021
  • Alzheimer’s Disease International, World Alzheimer Report, 2019

Sitografia 

  • Arialzh alla ricerca di un domani senza Alzheimer, https://www.airalzh.it/i-numeri/

 

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