Silvia Bosio – Studio Associato RiPsi

  • Gestire in contemporanea famiglia, lavoro e vita sociale
  • Lavorare con i propri figli a casa
  • Affrontare tante emozioni in contemporanea: rabbia, paura, delusione, tristezza, ecc.
  • Sostenere un genitore anziano, magari anche malato
  • La nascita di un bambino
  • La perdita o l’arrivo di un nuovo lavoro
  • Affrontare difficoltà a scuola
  • La morte di una persona significativa
  • Gestire imprevisti e fatica
  • Incastrare impegni e attività familiari
  • Vedere entrare in casa sempre più tecnologia invadente
  • Scoprire di essersi ammalati
  • L’incertezza di un futuro sereno
  • L’intolleranza per l’insofferenza
  • La paura che non ne usciremo mai o che ne usciremo troppo ammaccati
  • La sfiducia verso le istituzioni

Cosa accomuna questa serie di eventi? Innanzitutto consideriamo che alcuni possono essere più complessi di altri; alcuni più faticosi da tollerare; alcuni hanno una carica di novità inattesa; alcuni sono ben lontani da noi. Consideriamo che ognuno di noi può percepire diversamente ogni evento a seconda della propria condizione di partenza. Sì, ma cosa li accomuna?

Tutti sono eventi che implicano un cambiamento e un coinvolgimento da parte nostra.

Ciascuno di noi ha un proprio particolare modo di gestire gli eventi e gli imprevisti quotidiani: alcuni di noi possono scoraggiarsi, possono faticare a sentirsi pronti, possono sentirsi incerti di fronte al futuro; altri possono anche sentirsi forti, trovare determinazione e coraggio, mantenere un ottimismo concreto. Ancora, c’è chi si lamenta, chi si dà da fare attivamente, chi decide di mollare tutto, chi resta deluso.

Ai tempi del COVID, forse anche le nostre più note strategie di affrontare i problemi ci sembrano diverse oppure inefficaci. Oppure, ancora, ci sorprendiamo nello scoprire che crediamo di farcela.

A dispetto di quanto possiamo immaginare, non possiamo dire che, tra quelli appena citati, ci sono modi assolutamente giusti o modi assolutamente sbagliati di agire e re-agire, bensì ci sono modalità che possono rivelarsi per noi più funzionali o meno funzionali a seconda delle situazioni che dobbiamo affrontare e a seconda di come ci sentiamo noi dinnanzi a queste in quell’esatto momento.

Non è facile capire i motivi sottostanti alle diverse modalità che le persone hanno di reagire.

Non è facile comprendere, prevedere o modificare le capacità delle persone di affrontare ciò che viene percepito come un problema o una difficoltà. Infatti, il nostro personale modo di reagire proviene da esperienze di vita, risorse personali, fattori economici e culturali, valori personali e lavorativi e da molte altre variabili.

 Ci sono persone che vengono definite “resilienti”. Che cosa significa “resilienza”?

La resilienza è la capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato o, addirittura, trasformato, mantenendo la propria integrità psicologica, restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre.
L’impatto del COVID è stato per tanti di noi un evento del tutto definibile come traumatico– e per tanti continua a esserlo o inizia a esserlo: alcuni possono iniziare a sentirsi logorati.
Senza parlare in “psicologhese”, le persone resilienti sono quelle che, di fronte ad un evento che sentono come molto rilevante e molto complesso da affrontare, trovano le risorse per riuscire a farcela: le risorse che trovano sono in se stesse o nella propria famiglia o nella rete di amici o in alcune situazioni particolari oppure in tutte queste cose assieme.

Questa capacità di affrontare e superare le difficoltà – piccole o grandi che siano – porta la persona a sentirsi diversa: non si tratta propriamente di sentirsi felici, bensì più consapevoli delle proprie capacità e del modo più efficace di impiegare queste risorse in funzione dei propri obiettivi e dei problemi da gestire.

Una persona resiliente è una persona che si ricorda di occuparsi di se stessa anche se ha una famiglia di cui occuparsi, un lavoro faticoso, un genitore anziano di cui prendersi cura: è una persona in grado di riconoscere i propri limiti, ma anche di scoprire in sé nuove capacità e nuova forza.

Una persona resiliente è quella che trova il modo di aiutare se stessa, i propri familiari o altre persone dopo essere stata svegliata nel cuore della notte da un terremoto che ha distrutto ogni bene.

Noi che stiamo provando l’impatto del COVID, sappiamo bene cosa significa vivere in costante allerta.

Persino un’esperienza negativa può, alla fine, portare a qualcosa di positivo, anche se sul momento ciò ci sembra impossibile o assurdo o si fa fatica a riconoscerlo.

Da cosa deriva la resilienza?

Secondo svariati studi, le relazioni affettive e di sostegno– la famiglia, gli amici o altre “reti sociali” significative – sembrano essere uno degli elementi che più influenzano lo sviluppo di resilienza nei bambini e nei più giovani; inoltre, gli individui che risultano resilienti crescono più frequentemente in famiglie nelle quali si trovano genitori attenti, che si preoccupano di monitorare i figli senza eccedere, che propongono un sistema di regole condiviso, che forniscono risposte chiare per i comportamenti problematici.

Altri elementi considerati significativi nello sviluppo di resilienza sono la stima di sé e la percezione di efficacia personale: la costruzione dell’autostima si fonda sulla consapevolezza di essere persone competenti, confrontando frequentemente quello che si vorrebbe essere e quello che si è attualmente. Individui che si sentono competenti e che possono contare sul sostegno della famiglia e degli amici risultano essere più resilienti di altre persone che non hanno queste caratteristiche.

Le ricerche inoltre ci dicono che si può essere resilienti di fronte ad un evento ma non per forza a tutti; che possiamo essere resilienti in un certo momento della vita ma magari non in altri.

Anche gli eroi non sono perfetti.

Sì, ma nella pratica?

La resilienza richiede di essere esercitata. È una capacità che possiamo acquisire e incrementare, che possiamo imparare magari da persone che consideriamo come modelli di riferimento.

Possiamo imparare fin da bambini, ad esempio di fronte ad una mamma, un papà, una sorella, un nonno o un conoscente che ci suscita forte ammirazione perché ci ha mostrato – anche in maniera del tutto intenzionale o casuale – quanto sia possibile adattarsi a situazioni difficili.

Ricordarsi del proprio benessere, essere consapevoli delle proprie emozioni, coltivare legami positivi e significativi con la famiglia e con altre persone, sentirsi capaci, considerare i propri limiti: questi esercizi sono la base che porterà a scoprirsi resilienti.

 

Bibliografia

Boerchi D., Castelli C, & Quadrio A. (2013), Prolungamento degli studi universitari: indicatori di coping e di resilienza, in “XXVI Congresso AIP Sezione Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione. Pre-Atti.”, Vita e Pensiero, Milano.

Costantino M. A. & Camuffo M. (2009), Trasformazioni del concetto di resilienza e ricadute nella pratica, in R&P.

Rutter M. (2007), Resilience, competence, and coping, in Child Abuse Neglect.

Rutter M. (2006), Implications of resilience concepts for scientific understanding, in Annals of the New York Academy of Sciences.

Werner E. E. & Smith R. S. (1992), Overcoming the odds: high risk children from birth to adulthood, in Cornell University Press.

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