A cura di: Dott.ssa Lisa Bassi

 

L’adolescenza è sicuramente uno dei periodi di vita più delicati. Soprattutto attualmente, nell’era digitale, ragazze e ragazzi si trovano costantemente esposti a contenuti che possono impattare su ambiti sensibili inerenti alla costruzione identitaria, personale, sociale e anche corporea. In questa fase l’adolescente sviluppa risorse e competenze per far fronte alla quotidianità, oltre che ai compiti evolutivi. Nonostante ciò, la vita dell’adolescente può talvolta caratterizzarsi da momenti di sofferenza, più o meno gestibile. Quando il malessere è incisivo e insopportabile, l’adolescente può giungere ad attuare comportamenti autolesivi. Gli atti autolesivi non suicidari sono comportamenti intenzionali che la persona mette in atto sapendo che le/gli provocheranno danno, in assenza di intento di suicidio (Shiner, 2008). In queste situazioni gli adolescenti sono spesso isolati, cercando di mascherare il proprio dolore, non sapendo a chi rivolgersi per parlarne o non volendo rivelare questo aspetto di sé. Tuttavia, i movimenti di aiuto e supporto possono giungere da diversi fronti. Internet, siti web e social media possono essere un valido punto di supporto e appoggio in queste circostanze, considerando innanzitutto che sono proprio gli adolescenti ad essere più facilmente e costantemente immersi nella vita in rete e quindi avere più dimestichezza con questo mondo.

 

Cosa accade al corpo e alla psiche degli adolescenti che mettono in atto comportamenti autolesivi?

 

Quando il dolore psichico è troppo intenso e insopportabile si cerca nell’autoinflizione di ferite o danni una sorta di limitazione alla sofferenza mentale. L’intenzionalità degli atti autolesivi è accompagnata da un altro elemento chiave: la dimensione di segretezza. Nel caso specifico di gesti come tagli o bruciature, i luoghi sul corpo dove vengono inflitti sono normalmente nascosti, tanto quanto lo è il dolore stesso che muove l’atto. Nell’autolesionismo il corpo diventa veicolo materiale della propria sofferenza interna, da qui il suo attacco violento come simbolico tentativo di automedicare i propri dolori, in una forma patologica di auto-aiuto (Lancini et al., 2020). Contro intuitivamente, l’autolesionismo non è il problema in sé, ma dovrebbe essere considerato come un sintomo di qualcosa di doloroso e angosciante per l’adolescente, che sottende il comportamento. Si possono individuare atti autolesivi dal carattere dimostrativo-interpersonale, segnale disperato di richiesta di aiuto, oppure gesti-manifesto dei sentimenti negativi nutriti reiteratamente. Allora, perché gli adolescenti si fanno del male? I giovani possono adottare agiti autolesivi come meccanismo di coping: ciò che accade nelle loro menti viene trasferito e concretizzato sul corpo, cercando di riguadagnare controllo su pensieri ed emozioni negativi e trovare un sollievo temporaneo. L’intenzione talvolta è distaccarsi momentaneamente da una realtà difficile, o al contrario riconnettersi al mondo, cancellando il torpore. Può rivelarsi anche un modo per scongiurare il suicidio, “uccidendo” piccole parti di sé”.

 

Può Internet tendere una mano d’aiuto a adolescenti in condizione di fragilità?

 

Internet permette una modalità di raccolta e condivisione di informazioni diversa rispetto ad altri contesti e, nel caso particolare di soggetti che adottano comportamenti autolesivi, offre la possibilità di usufruire di storie ed esperienze di altri che hanno avuto gli stessi vissuti e con cui è più rapido identificarsi. Ciò può aiutarli a ridurre il senso di solitudine e l’isolamento, che accompagnano queste situazioni. Per quanto spesso ci si allarmi sul rischio nell’esporsi a qualsiasi tipo di contenuto online e quindi a volte senza un filtro adeguato, è proficuo far luce sul lato positivo e benefico di Internet e dei social media soprattutto in adolescenti che adottano comportamenti autolesivi. Esistono degli interventi di base che molti siti Internet adottano: quando si eseguono ricerche specifiche come “autolesionismo”, spesso appaiono avvisi che includono contatti o link diretti a pagine o servizi di assistenza e supporto telefonici e online. In più, l’aiuto reciproco è uno dei vantaggi dell’esposizione e condivisione in rete. Il postare contenuti legati alla propria storia può risultare quindi sia una modalità di sfogo personale che avere allo stesso tempo un riscontro positivo su altri. Oltretutto, ad oggi il tema dell’autolesionismo costituisce un argomento tabù, tale per cui è più quanto non si dice o si racconta in modo distorto di quello che invece sarebbe utile rendere noto. A tal proposito, i post che si possono trovare su diversi social network riflettono una narrazione più concreta e comprensiva di ragazzi che parlano ad altri ragazzi, usando lo stesso linguaggio. Gli adolescenti online condividono consigli su come prendersi cura delle ferite, accrescono la consapevolezza sul tema, trasmettono parole di validazione rispetto ad ogni esperienza individuale, raccontano di quali strategie alternative all’autolesionismo hanno adottato quando si sentivano “emotivamente al limite”.

 

In sintesi, Internet e i social media sono parte integrante del linguaggio quotidiano delle nuove generazioni. Considerare che Internet possa costituire uno strumento di aiuto e supporto potrebbe ampliare le prospettive di cura fornite dai professionisti della salute mentale e fisica, soprattutto con adolescenti più fragili. Il beneficio tratto dalla condivisione online di tali esperienze emerge esplicitamente dalle testimonianze degli stessi adolescenti che hanno messo in atto comportamenti autolesivi: “ciò che ha aiutato me, forse può aiutare anche te”.

 

 

Bibliografia:

A Loving Way to Parent. (2022, November 17). Advice for Parents Dealing with Teen Self Harm [Video]. YouTube. https://youtu.be/UMpOSLL1q0Q

Lancini, M., Cirillo, L., Scodeggio, T., & Zanella, T. (2020) Manipolazioni violente. Attacco al corpo. In M. Lancini, L. Cirillo, T. Scodeggio, & T. Zanella (A cura di). L’adolescente. Psicopatologia e psicoterapia evolutiva. (pp. 89-133). Raffaello Cortina Editore

Paes, A. (2017). Self-harm in adolescence. InnovAiT: Education and Inspiration for General Practice, 10(4), 202–208

Shiner, A. (2008). Self-Harm in Adolescence. InnovAiT: Education and Inspiration for General Practice, 1(11), 750–758

Skegg, K. (2005). Self-harm. Lancet, 366, 1471-83.

Xiao, Q., Song, X., Huang, L., Hou, D., & Huang, X. (2022). Global prevalence and characteristics of non-suicidal self-injury between 2010 and 2021 among a non-clinical sample of adolescents: A meta-analysis. Frontiers in Psychiatry, 13, 912441

Whitlock, J., Lader, W., Conteiro, K. (2007). The Internet and Self-Injury: What Psychotherapists Should Know. Journal of Clinical Psychology: In Session, 63(11), 1135–1143