Gaia de Campora – Università degli Studi di Torino

Il passaggio dall’allattamento ad un’alimentazione gradualmente più autonoma rappresenta sempre una fase delicata all’interno della relazione mamma-bimbo e, in generale, nello sviluppo del bambino.

In questo momento di crescita è in atto prima di tutto un importante cambiamento: il bambino perde gradualmente e progressivamente quella che fino a quel momento è stata per lui una soddisfazione orale legata alla suzione, per rivolgersi verso una nuova forma di gratificazione associata al mordere e al masticare cibi con consistenze e sapori diversi, tendenzialmente più solidi.

In molti casi questo passaggio non rappresenta alcuna difficoltà, anzi, capita spesso che i bambini mostrino precocemente la curiosità verso alimenti diversi che lo/la circondano e che fanno parte dell’alimentazione degli adulti attorno a lui/lei. Capita però che per altri bambini questo diventi un momento più impegnativo e faticoso, dove il rispetto dei ritmi e la comprensione dei segnali del piccolo diventano il perno attorno al quale costruire “il modo” per facilitare l’avvicinamento.
Questo momento si accompagna a dei mutamenti significativi tanto per il bambino quanto per il caregiver, richiedendo necessariamente ad entrambi di confrontarsi con la privazione di un incontro più intimo come tipicamente avviene nell’allattamento o piuttosto il dover osservare che la frustrazione vissuta dal proprio bambino possa in qualche misura essere percepita come una propria responsabilità, per un comportamento messo in atto dalla mamma.

Lo svezzamento, o più propriamente il divezzamento[1], ovviamente, non è un passaggio isolato, ma piuttosto si inserisce all’interno di una fase di crescita in cui i cambiamenti da affrontare sono molteplici e significativi, come per esempio la transizione dal pannolino al vasino, il passaggio verso il “proprio lettino” e così via. Ogni volta che si sperimenta uno di questi momenti, si ripropone – da una parte per il genitore – l’inevitabile senso di separazione sotteso alla continua crescita del bambino – dall’altra per il bambino – l’incontro con qualcosa di nuovo, di diverso che innescherà reazione emotive di segno diverso (curiosità, timore, protesta, etc).

Come facilitare quindi questo momento così delicato e importante? E come scegliere il percorso più adeguato per quel bambino?

Prima di tutto è importante ricordare che intorno ai sei mesi di età, il bambino ha una capacità digestiva ormai completa e che, salvo condizioni mediche appurate o indicatori di rischio oggettivi, non esistono in natura cibi “pericolosi” per una ipotetica immaturità del suo sistema digerente.

Da questa considerazione, nasce quindi in molti genitori la curiosità e il desiderio di sperimentare l’autosvezzamento, detta anche alimentazione complementare a richiesta, che, di fatto, consente al bambino di autodeterminare le sue scelte, di autoregolarsi in funzione di fame/sazietà e preferenze gustative.

Cosa è davvero importante tenere in considerazione se si sceglie l’autosvezzamento?

  • lo stile alimentare presente in famiglia influenzerà preferenze e scelte, riducendo il rischio di obesità infantile e di successivi squilibri metabolici, influenzando quindi in modo significativo la salute futura del bambino. E’ importante perciò che siano frequentemente presenti cibi a filiera corta, frutta e verdura di stagione e zuccheri semplici in quantità limitate.
  • tenere il bambino, dal momento che gli sarà possibile rimanere seduto, a tavola in presenza della famiglia al momento del pasto. Il modo più semplice per promuovere nuovi apprendimento è rendere possibile l’osservazione, prima, e l’imitazione poi.
  • aspettare e rispettare le richieste di cibo del bambino, di solito evidenti attraverso movimenti tesi a raggiungere il cibo con le mani o piuttosto attraverso uno sguardo visibilmente interessato e orientato con curiosità nella direzione di una pietanza.
  • facilitare e assecondare le sue richieste, purché si tratti di un alimento ritenuto adeguato. Sostenere l’esplorazione e la curiosità permette al bambino di sperimentare un senso di fiducia in se stesso e di autoefficacia, rinforzando in modo esponenziale i tentativi successivi
  • Non forzare per nessuna ragione il bambino, mostrarsi disponibili ad interrompere il pasto e/o gli assaggi quando il bambino mostra segnali di disinteresse o di evitamento
  • Mantenere ritmi e gestione dei pasti familiari in modo analogo a quanto venisse fatto in precedenza: il bambino prenderà parte al momento di convivialità, facendo esperienza e appropriandosi di quella che è l’organizzazione del pasto in famiglia.

Esistono buone pratiche per favorire l’autosvezzamento in sicurezza?

Salvo situazioni particolari, l’allattamento esclusivo e a richiesta è indicato e preferibile nei primi sei mesi di vita del bambino. La continuazione dell’allattamento oltre questa fase è consigliabile nella misura in cui sia una scelta serena e naturale per la coppia madre-bambino, garantendo ad ogni modo anchel’avvicinamento ad un’alimentazione rispondente alle nuove fasi dello sviluppo.

In generale la capacità del bambino di mordere e masticare è garantita nel momento in cui il passaggio ad un’alimentazione complementare avviene in linea con il suo sviluppo neuromotorio (per esempio la capacità di rimanere seduto in modo autonomo e la coordinazione occhio-mano-bocca). In questo caso il rischio di soffocamento è praticamente nullo e, anzi, mordere e demolire il cibo in bocca sono passaggi che è bene promuovere per garantire l’allenamento dei muscoli masticatori fondamentali, tra gli altri, per lo sviluppo del linguaggio. L’unica accortezza da avere, in questi casi, è prediligere il taglio a pezzetti piuttosto che a rondelle, anche per cibi che si presentano in natura con una forma rotondeggiante (es., uva, pomodorini).

Favorire l’autonomia non è un compito scontato né automaticamente semplice, ma è necessario consentirne una graduale conquista in tempi e modi rispettosi della naturale inclinazione del bambino.

[1]Il termine divezzamento descrive in modo più adeguato il naturale e fisiologico passaggio verso l’alimentazione autonoma, senza etichettare questo momento evolutivo come caratterizzato dal “togliere il vizio”, espressione invece appartenente alla parola svezzamento.

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