Eleonora Centonze 

Negli ultimi quarant’anni in molti Paesi Ocse, tra cui l’Italia, c’è stato un aumento di disuguaglianze, un problema aggravato anche dalle ultime crisi economiche e che probabilmente potrebbe essere peggiorato dalla recente pandemia che ha investito il mondo intero. Parallelamente, negli ultimi anni si è assistito anche ad un aumento della prevalenza del disagio mentale, che colpisce in misura sempre maggiore le fasce più deboli della popolazione (donne, bambini e anziani). Ma che relazione esiste, se esiste, tra questi due fenomeni? Un contesto sociale più diseguale può rappresentare un terreno fertile per lo sviluppo della psicopatologia?

DISTURBI MENTALI

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità”. Se è vero che la salute è più dell’assenza di malattia, è altrettanto vero che la presenza di un disturbo mentale compromette il benessere globale dell’individuo. Uno dei principali sistemi internazionali di classificazione, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), definisce il “disturbo mentale” come “una sindrome caratterizzata da un’alterazione clinicamente significativa della sfera cognitiva, della regolazione delle emozioni o del comportamento di un individuo che riflette una disfunzione nei processi psicologici, biologici o evolutivi che sottendono il funzionamento mentale. I disturbi mentali sono solitamente associati a un livello significativo di disagio o di disabilità in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti” (1, p. 22). Tanto la salute mentale quanto i disturbi possono essere considerati come l’esito delle complesse e reciproche interazioni che avvengono tra i fattori interni alle persone e i cambiamenti del contesto in cui sono inserite. Lo sviluppo tipico e atipico di un individuo, infatti, è influenzato dai mutamenti che si verificano su diversi piani, da quello biologico a quello storico-culturale. Uno dei fautori dell’approccio persona-nel-contesto è Bronfenbrenner, secondo cui l’essere umano si sviluppa all’interno di un contesto che è costruito su quattro livelli. Il primo è il microsistema che è costituito dall’insieme delle attività e delle relazioni che il bambino sperimenta in prima persona (es. casa, scuola, gruppo dei pari). Il secondo è il mesosistema e riguarda i legami tra almeno due dei contesti che includono il bambino (ad es., la relazione tra casa e scuola). Il terzo, l’esosistema, osserva la relazione tra diversi contesti, di cui almeno uno non include il bambino (ad es., il legame tra casa e lavoro di uno dei due genitori). L’ultimo livello è il macrosistema e si riferisce alla struttura, alla cultura, ai sistemi di valore e alle risorse di una data società in un certo periodo storico. È evidente come i fattori sociali ed economici di un Paese, tra cui le disuguaglianze, rientrino in questo piano e possano, quindi, influenzare significativamente la salute mentale e non delle persone (2). Lo stesso Ministero della Salute italiano dichiara che “la salute mentale, come altri aspetti della salute, può essere influenzata da diversi fattori socio-economici sui quali è necessario agire con strategie globali di promozione, prevenzione, trattamento e recovery in un approccio di government globale” (3).

DISUGUAGLIANZE: COSA SONO, COME MISURARLE E IL PANORAMA ITALIANO

Esistono diverse tipologie di disuguaglianza, quella sociale, di reddito, di genere, di accesso all’istruzione e alle cure, e così via. Le disuguaglianze economiche hanno a che fare con il modo in cui la ricchezza è distribuita all’interno di un Paese. Esistono diversi modi per misurarle; una delle tecniche più semplici, ma anche più immediate, consiste nel confrontare quanto il 10% (o il 20 o il 30) più ricco della popolazione è più ricco rispetto al 10% (o il 20 o il 30) più povero. Un metodo più sofisticato consiste nel misurare il coefficiente di Gini, un indice statistico che può assumere valori compresi tra 0 (massima uguaglianza) e 1 (massima disuguaglianza). Le disuguaglianze economiche sono anche alla base di molte delle altre. Ad esempio, più grande è la sperequazione dei redditi, più rigida risulta la gerarchia e la stratificazione della società. Il reddito, inoltre, influenza l’accessibilità alle cure, specialmente quando questi servizi non sono erogati dallo Stato; pertanto, le disuguaglianze economiche si rifletteranno direttamente in disuguaglianze di tutela e di protezione della salute (4). In Italia le disuguaglianze socioeconomiche sono in crescita: dal 2007 al 2015, infatti, il succitato coefficiente di Gini è aumentato da 0,329 a 0,354. A giugno del 2019, il 20% più ricco della popolazione italiana detiene quasi il 70% della ricchezza nazionale e l’1% più ricco possiede 17 volte la ricchezza posseduta complessivamente dal 20% più povero (5).

DISUGUAGLIANZE SOCIO-ECONOMICHE E SALUTE MENTALE

Le società più diseguali mostrano una maggiore divisione sociale: poiché le persone tendono a costruire relazioni con coloro che considerano loro simili, la probabilità che i ricchi instaurino legami con altri ricchi e i poveri con altri poveri aumenta. Ciò implica un irrigidimento della gerarchia, che può accompagnarsi a fenomeni di emarginazione sociale e a un aumento dell’ansia da valutazione. La stratificazione della società, infatti, può essere interpretata dagli individui come una classifica delle persone sulla base delle loro abilità; la conseguenza di tale visione è un aumento dei livelli di ansia e della competizione per lo status. Non sorprende, dunque, che in un contesto fortemente individualista, in cui ognuno lotta per primeggiare, il livello di fiducia nel prossimo e il senso di comunità siano estremamente bassi. L’Altro, infatti, non può che essere visto come un potenziale nemico o almeno un possibile ostacolo alla realizzazione personale. Le disuguaglianze sociali, inoltre, si associano a maggiori livelli di violenza, poiché in un mondo stratificato la posta in gioco nella competizione per lo status diventa ancora più grande. Ciò è vero specialmente per gli uomini, per i quali lo status costituisce la principale fonte di attrattività sessuale: se le donne curano di più il loro aspetto fisico, gli uomini tentano di difendere “a ogni costo” la propria posizione sociale. In base a tali presupposti, è più facile comprendere come episodi anche banali possano innescare reazioni aggressive esagerate, se feriscono l’orgoglio dell’aggressore e suscitano in lui sentimenti di vergogna. La sperequazione dei redditi è correlata anche ai disturbi mentali in senso stretto (r = 0,73). Ciò non dovrebbe sorprendere poiché la salute mentale è strettamente connessa alla qualità delle relazioni sociali, al livello di fiducia nel prossimo e al senso di comunità, tutte caratteristiche compromesse nelle società più diseguali. Tra i disturbi più diffusi vi sono ansia, narcisismo e depressione, i cui tassi di incidenza si sono acuiti nel corso degli anni. Come accennato in precedenza, lo status comporta sentimenti di superiorità e di inferiorità perché la gerarchia è considerata una classifica di persone. Gli individui, quindi, sono sempre più preoccupati del giudizio sociale, un timore che si riflette nei maggiori livelli di ansia da valutazione, i quali a loro volta si associano a un aumento del senso di insicurezza nelle proprie capacità, a cui la persona può difensivamente reagire aumentando in maniera spropositata la propria autostima. Per tale motivo, oltre ad aumentare l’ansia, è aumentato anche il narcisismo, un disturbo di personalità caratterizzato da mancanza di empatia e dai tentativi di proteggersi dalle ferite all’autostima con arroganza, disprezzo e senso di superiorità. L’isolamento e l’emarginazione sociale, il senso di insicurezza e la fragilità dell’autostima possono spiegare anche l’aumento della depressione. Le relazioni con il vicinato, infatti, sono quasi inesistenti oppure superficiali; ciò accade perché siamo sempre preoccupati per il giudizio dell’altro, che è principalmente visto come qualcuno con cui competere piuttosto che cooperare. Il basso senso di comunità che ne deriva costituisce un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo della depressione. Le sperequazioni dei redditi sono associate alla presenza di maggiori problemi comportamentali, tra cui l’abuso di alcol e di droghe, che potrebbero essere utilizzati per alleviare il disagio. L’impiego degli stupefacenti come tentativo di automedicazione sembra confermato anche da alcuni esperimenti condotti dalla Wake Forest School of Medicine del North Carolina, nei quali alcuni macachi vengono isolati per un periodo di tempo per poi essere reinseriti in gabbie comuni. I ricercatori osservano che i macachi formano spontaneamente una gerarchia e gli animali subordinati fanno maggiormente uso di cocaina rispetto a quelli dominanti, un comportamento interpretato come automedicazione. Le disuguaglianze sociali, infine, sono associate a una maggiore presenza di disturbi psichiatrici gravi, quali la schizofrenia (4). La deprivazione socio-economica, la scarsa coesione sociale e la frammentazione del tessuto sociale, nonché l’isolamento si associano a una maggiore incidenza di disturbi dello spettro schizofrenico. Le persone con disturbi di questo tipo mostrano anche un rischio più elevato di mortalità per cause non naturali. In particolare, persone con gravi disturbi psichiatrici potrebbero più facilmente adottare uno stile di vita irregolare, caratterizzato da cattive abitudini alimentari, nonché da abuso di alcol, droghe o nicotina. Tali pazienti inoltre accedono meno alle cure per problemi di tipo fisico, sia per una difficoltà a raggiungere servizi sanitari adeguati sia per una loro bassa capacità di identificare e comunicare i propri sintomi (6).

CONCLUSIONI

Questo breve articolo mette in luce come i fattori contestuali giochino un ruolo rilevante, seppure non esclusivo, nell’influenzare il livello di salute mentale e finché tale legame sarà negato, gli interventi saranno destinati a fallire. Fattori come l’isolamento sociale, la scarsa coesione, la povertà e la disoccupazione, costituiscono un terreno fertile non solo per i disturbi mentali sopra descritti, ma anche per lo sviluppo di traumatismi psichici, dando luogo a un circolo vizioso in cui “persone ferite finiscono col ferire a loro volta” (7, p.399). Le riflessioni qui esposte sono importanti soprattutto ai fini della prevenzione dei disturbi psicologici e della promozione della salute mentale: al momento poco si può fare per modificare i fattori di rischio genetici associati ai diversi tipi di disturbi mentali, quali la schizofrenia o la depressione, tuttavia è invece possibile agire direttamente su quelli di tipo socio-ambientale (6).

References

  1. American Psychiatric Association (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. Milano: Raffaello Cortina Editore.
  2. Miller, P. H. (2011). Teorie dello sviluppo psicologico. Quinta edizione. Bologna: Il Mulino.
  3. http://www.salute.gov.it/portale/temi visitato in data 06/11/2020
  4. Wilkinson, R.G. & Pickett, K. (2012). La misura dell’anima: perché le disuguaglianze rendono le società più infelici. Milano: Feltrinelli.
  5. Oxfam Italia (2019). Dati e considerazioni sulla disuguaglianza socio-economica in Italia. Briefing di accompagnamento del rapporto Oxfam “Avere cura di noi”.
  6. Amaddeo, F. e Donisi, V. (2012). Disuguaglianze sociali e salute mentale. Sistema Salute, 56(2), 158-169.
  7. Van der Kolk, B. (2015). Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche. Milano: Raffaello Cortina Editore.

 

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