A cura di: Dott.ssa Linda Zanotta

  Le relazioni fraterne costituiscono un fattore fondamentale dello sviluppo in prima infanzia. Con riferimento alla teoria dei sistemi ecologici (Brofenbrenner, 1979), le relazioni fraterne (insieme alla relazione con i caregiver) costituiscono il “microsistema” ovvero quella parte dell’ambiente più prossimo al bambino e, pertanto, che ne esercita l’influenza maggiore sul suo sviluppo. In particolare, la qualità della relazione fraterna è uno tra i maggiori predittori degli esiti evolutivi di sviluppo: i rapporti fraterni di elevata qualità portano ai migliori esiti evolutivi soprattutto nell’ambito delle competenze sociali. Inoltre, i fratelli costituiscono un’importante fonte di supporto: rispetto ai figli unici, i bambini coinvolti in un legame fraterno intimo e di buona qualità pare riescano a fronteggiare più serenamente eventi stressanti della vita quotidiana e vi reagiscono più positivamente. Così come lo sono i genitori, i fratelli rappresentano una base sicura a cui affidarsi e nei quali ricercare sicurezza nei momenti difficili. Tuttavia, quanto esposto riguarda principalmente il rapporto fraterno in condizione di sviluppo tipico di entrambi i bambini. Nel caso in cui uno dei due bambini presenti un Disturbo dello Spettro Autistico [ASD] la situazione potrebbe non essere equivalente. Difatti, i ASD sono caratterizzati prevalentemente da deficit nelle abilità sociali ed interazionali, in particolare dalla presenza precoce di difficoltà relative all’ambito delle relazioni, dall’assenza di interesse verso altre persone e dalla mancanza di reciprocità nelle interazioni. Alla luce di queste caratteristiche, come può configurarsi la relazione fraterna nel caso in cui uno dei due bambini presenti un ASD?

Il punto di vista del bambino con sviluppo tipico

Indipendentemente dall’ordine di nascita, generalmente è il fratello con sviluppo tipico ad iniziare più frequentemente le interazioni e, a prescindere dalle età dei bambini, il fratello con il disturbo generalmente assume il ruolo del “fratello minore” della coppia mentre il bambino con sviluppo tipico supporta e dirige le interazioni. Ciononostante, è stato riscontrato che i bambini con sviluppo tipico in prima età scolare si ritengono globalmente soddisfatti della relazione fraterna. Tale soddisfazione subisce invece una riduzione con il passare degli anni, poiché il gap di competenze tra i due fratelli diviene gradualmente più marcato ed è plausibile che il tentativo di relazionarsi con il fratello con ASD fallisca frequentemente generando stati emotivi di rabbia e frustrazione nei bambini con sviluppo tipico. Tuttavia, questi ultimi mostrano una maggiore ammirazione verso il fratello con il disturbo rispetto a quanto avvenga nelle altre coppie di fratelli con sviluppo tipico. Come riportano i bambini stessi, essi capiscono le difficoltà e gli sforzi del fratello con ASD e si sentono ammirevoli e orgogliosi delle sue piccole conquiste quotidiane. In generale, la relazione fraterna tra il bambino con sviluppo tipico e il bambino con ASD non può essere definita peggiore o migliore rispetto a relazioni tra fratelli con solo sviluppo tipico: si può invece affermare che abbia dei pattern relazionali e interazionali peculiari.

E dal punto di vista del bambino con diagnosi di ASD?

Considerando che la relazione fraterna in infanzia promuove lo sviluppo di abilità sociali e comunicative nel bambino, si ipotizza che la relazione fraterna possa esercitare effetti positivi sulla severità dei sintomi del ASD, in particolare per quanto riguarda il dominio socio-comunicativo. Tramite la somministrazione dell’Autism Diagnostic Observation Scales (ADOS), una scala ampiamente utilizzata per la diagnosi di ASD e per valutare il funzionamento sociale e comunicativo negli individui con ASD, si riscontra che i bambini con diagnosi di ASD e con un fratello maggiore con sviluppo tipico mostrano una minore severità dei sintomi sintomi socio – comunicativi. In questo caso, il fratello con sviluppo tipico e di età maggiore costituisce a tutti gli effetti un modello di comportamento per il fratello con ASD e tali sintomi del disturbo risultano ulteriormente meno severi nel caso in cui vi sia più di un fratello maggiore con sviluppo tipico. Invece, ciò non si riscontra nel caso in cui il fratello con sviluppo tipico sia il minore, poiché plausibilmente non ha ancora acquisito le capacità che gli consentono di condurre gli scambi interazionali, risultando in minori opportunità di interazione e di apprendimento per il bambino con ASD. Questi studi hanno portato a ipotizzare e verificare se l’inclusione del fratello con sviluppo tipico nel trattamento del bambino con ASD sia di altrettanto di beneficio. Il miglioramento sintomatologico è risultato essere ancora più marcato se il fratello con sviluppo tipico viene incluso nel trattamento del bambino con ASD: difatti, in tal caso, quest’ultimo mostra importanti miglioramenti nella comprensione dei gesti di riferimento sociale e nella capacità di attenzione condivisa. Ad ogni modo, gli studi a riguardo sono ancora esigui e resta da comprendere in che modo si possa favorire nel bambino con ASD il mantenimento di questi apprendimenti e la loro generalizzazione ad altri contesti oltre a quello della relazione fraterna. In sintesi, la costruzione e la gestione di un rapporto fraterno con un bambino con ASD risultano essere maggiormente impegnative rispetto ad una relazione tra fratelli con sviluppo tipico. Questa “fatica relazionale” emerge chiaramente nella lettura delle testimonianze dei bambini stessi. Ciononostante, da ogni testimonianza emerge il profondo legame affettivo che caratterizza le relazioni fraterne. L’affetto smisurato e incondizionato che i bambini provano nei confronti del fratello con ASD è evidente quando affermano che il loro rapporto fraterno è “unico” e che, nonostante le numerose difficoltà, “non vorrei cambiare mio fratello in alcun modo, poiché gli voglio bene così com’è” (da Petalas et al., 2009).

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