Agata Andò

Dipartimento di Psicologia, Università di Torino

Uno degli ambiti più controversi della psicopatologia è sicuramente costituito dall’area dei disturbi della personalità (DP). Fin dall’antichità è stato osservato come l’estrema varietà del comportamento individuale potesse essere articolata in prototipi relativamente prevedibili e che i medesimi fossero probabilmente associati a qualche differenza biologica correlata ad esperienze interne e pattern di comportamento particolarmente disadattive, che attualmente vengono definiti come disturbi della personalità (Segal et al., 1999; Oldham, et al., 2005).

Al pari di altri ambiti psicopatologici, la contrapposizione fra aspetti biologico-costituzionali e cause ambientali ha caratterizzato secoli di discussioni e ricerche. I primi scritti a noi noti, relativi a disordini nel funzionamento della personalità, sono rintracciabili nel lavoro del medico greco Ippocrate di Kos (460 a.C. – 377 a.C.) universalmente riconosciuto come il padre della medicina. Teofrasto (371 a.C. – 287 a.C.), allievo prediletto di Aristotele, con l’opera Caratteri ha descritto più tipologie di disposizioni caratteriali (per esempio, i loquaci, gli affabulatori, gli arraffoni ed altri). James Prichard (1786 – 1848) denominò le deviazioni comportamentali come moral insanity (insanità morale) di cui descrisse la sintomatologia, includendovi la perversione dei sentimenti, delle abitudini, del giudizio morale e degli impulsi, in assenza di deficit intellettivi, del ragionamento e di allucinazioni. Kurt Schneider (1887 – 1967), presentò, per primo, una tassonomia delle «personalità psicopatologiche». Emil Kraepelin (1856 – 1926) e Eugen Bleuler (1857 – 1939) concordarono sulla descrizione di quattro tipologie di personalità o temperamento: astenico, autistico, schizoide e ciclotimico, e sulla loro natura di precursori di psicopatologie più severe.

La concettualizzazione principale dei disturbi di personalità codificata all’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) dell’American Psychiatric Association (APA) rappresenta una prospettiva categoriale secondo cui i Disturbi di Personalità costituiscono sindromi cliniche distinte qualitativamente. L’ultima edizione del DSM, la quinta (DSM -5), include anche una sezione specifica – la Sezione III – che riporta un modello alternativo (Modello alternativo del DSM-5 per i disturbi di personalità) con l’obiettivo di superare i limiti della diagnosi categoriale riducendo la comorbidità dei DP (cioè la compresenza di disturbi diversi nella stessa persona), l’eterogeneità entro categoria (cioè la variabilità delle possibili combinazioni di criteri sotto l’etichetta di uno specifico DP) e chiarendo l’aspetto di continuità vs discontinuità empirica retrostante a specifici DP. Secondo il Modello Alternativo per fare diagnosi di DP risulta necessaria la presenza di una compromissione nucleare (da moderata ad estrema) nel funzionamento del Sé e nel Funzionamento Interpersonale (Criterio A) e la presenza di una serie di tratti patologici specifici (Criterio B). Con tratto di personalità, lo ricordiamo, si fa riferimento alla tendenza a sentire, percepire, comportarsi e pensare in modo relativamente costante nel tempo e nelle situazioni in cui un tratto può manifestarsi.

Come può fare il clinico, quindi, per valutare la presenza di uno o più tratti disfunzionali della personalità di un paziente? Di quali strumenti può usufruire? Ed è proprio quì che entra in gioco il Personality Inventory for DSM (PID-5) con la sua estrema utilità diagnostica. Il PID-5 coadiuva il clinico nel cogliere le variabili psicopatologiche e le differenze individuali offrendo tutte quelle informazioni necessarie alla pianificazione di interventi clinici mirati, comunicabili e condivisibili anche da professionisti di diversa formazione teorica. Il PID-5 risulta d’imprescindibile utilità clinica per l’attribuzione del Criterio B, secondo la diagnosi dei DP del modello alternativo del DSM-5, permettendo di oggettivare la presenza e la severità dei diversi tratti che contribuiscono alla formulazione della corretta diagnosi di uno specifico disturbo di personalità. I tratti di personalità valutati dal PID-5 sono 25 (labilità emotiva, ansia, angoscia di separazione, sottomissione, ostilità, perseverazione, ritiro, evitamento dell’intimità, anedonia, depressività, affettività ridotta, sospettosità, manipolarietà, inganno, grandiosità, ricerca di attenzione, insensibilità, irresponsabilità, impulsività, distraibilità, tendenza a correre rischi, perfezionismo rigido, convinzioni ed esperienze inusuali, eccentricità, disregolazione cognitiva e percettiva), raggruppati in 5 domini (affettività negativa, distacco, antagonismo, disinibizione, psicoticismo).

Riportando un esempio concreto, secondo il Criterio B del Modello Alternativo per i disturbi di personalità del DSM-5, il DP Antisociale è caratterizzato dalla presenza del dominio dell’antagonismo nei tratti di manipolarietà, insensibilità, inganno e ostilità e dal dominio della disinibizione nei tratti relativi alla tendenza a correre rischi, impulsività ed irresponsabilità. Il PID- 5 è un questionario costituito da una scala di risposta Likert a 4 punti (da 0 sempre o spesso falso a 3 sempre o spesso vero) e prevede una versione autosomministrata, long (220 item) e brief (25 item), rivolta a soggetti adulti e adolescenti (11-17 anni), una versione per fonte esterna (PID-5-IRF- Informant Rating Form) ed una versione da poco licenziata per uso clinico costituita da 100 item. Fossati e colleghi (2013) hanno valutato le proprietà psicometriche della versione italiana del PID-5 in un campione di 710 volontari adulti provenienti dalla popolazione generale. I risultati di questo studio hanno confermato che la traduzione italiana del PID-5 sia una misura affidabile dei tratti DSM-5/modello alternativo, in grado di cogliere la patologia di personalità nel suo complesso.

Il manuale italiano aggiornato dello strumento (Fossati et al., 2021) include le norme d’uso, i nuovi dati normativi estesi per adulti e adolescenti, i punti T per la lettura del profilo clinico e le esemplificazioni cliniche estese basate su profili PID-5 di vere consultazioni diagnostiche di clienti adulti. Il PID-5 si è dimostrato, inoltre, essere un valido supporto per la ricerca ed una valida alternativa ai già noti test in uso per la valutazione psicodiagnostica della personalità disfunzionale (es. Anderson et al., 2018; Fossati et al., 2013; Krueger et al., 2010; Somma et al., 2019; Wright et al., 2012).

References

            American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Washington, DC: American Psychiatric Association.

Anderson, J. L., Sellbom, M., & Salekin R. T. (2018). Utility of the Personality Inventory for DSM-5–Brief Form (PID-5-BF) in the Measurement of Maladaptive Personality and Psychopathology. Assessment, 25, 596-607.

Fossati, A., Borroni, S., Somma, A., Krueger, R. F., & Markon, K. E. (2021). PID-5. Manuale e guida all’uso clinico della versione italiana. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Fossati, A., Krueger, R. F., Markon, K. E., Borroni, S., & Maffei, C. (2013). Reliability and validity of the Personality Inventory for DSM-5 (PID-5) predicting DSM-IV personality disorders and psychopathy in community-dwelling Italian adults. Assessment, 20, 689 –708.

Krueger, R.F., & Eaton, N.R. (2010). Personality traits and the classification of mental disorders: Toward a more complete integration in DSM–5 and an empirical model of psychopathology. Personality Disorders: Theory, Research, and Treatment, 1, 97–118.

Oldham, J.M. (2005). Personality disorders: Recent history and future directions, in Oldham, Skodol e Bender [2005; trad. it. 2008, 3-23].

Segal, D.L., Coolidge, F.L. & Rosowsly, E. (1999). Personality Disorders and Older Adults. Diagnosis, Assessment, and Treatment, Hoboken, N.J., John Wiley & Sons

Somma, A, Krueger, R. F., Markon, K.E., Borroni, S., & Fossati, A. (2019). Item Response Theory Analyses, Factor Structure, and External Correlates of the Italian Translation of the Personality Inventory for DSM-5 Short Form in Community-Dwelling Adults and Clinical Adults. Assessment, 26, 839-852.

Wright, A.G., Thomas, K. M., Hopwood C. J., Markon, K. E., Pincus, A. L., & Krueger, R. F. (2012). The hierarchical structure of DSM-5 pathological personality traits. Journal of Abnormal Psychology, 121, 951-957.

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